Si è conclusa con un bilancio più che positivo la 14ª edizione della Festa della Malvasia di Settimo San Pietro, appuntamento che negli anni è diventato uno dei simboli dell’autunno sardo. Una manifestazione che ha saputo unire cultura, tradizione e convivialità, richiamando un pubblico numeroso e curioso di riscoprire le radici di un vino che affonda nel tempo la sua storia.
Per due giorni il paese si è trasformato in un percorso sensoriale tra degustazioni, visite ai magazinus, esposizioni di prodotti agroalimentari locali e momenti di autentica vita comunitaria. Le case campidanesi hanno aperto le loro porte, trasformandosi in piccoli musei del gusto e della memoria, mentre il museo etnografico e la mostra fotografica di Claudio Mura, dedicata alla “Genti settimesa” degli anni Sessanta, hanno offerto uno sguardo nostalgico sul passato rurale del paese.
A rendere più vivace l’atmosfera non sono mancati gli eventi collaterali: il Palio delle Botti – vinto da Sinnai – ha richiamato l’entusiasmo del pubblico, così come il torneo di biliardino in strada, simbolo di una festa che vuole essere popolare e partecipata.
Momento centrale della manifestazione è stato, come sempre, il concorso dedicato alle migliori Malvasie locali, valutate da una giuria di sommelier che ha premiato la qualità e l’impegno dei produttori settimesi. Dietro ogni bottiglia c’è il lavoro di chi continua a credere in un vitigno storico che merita di essere rilanciato.
La Malvasia in Sardegna: un’eredità da custodire
La Malvasia è uno dei vini più antichi e affascinanti della tradizione mediterranea. Il suo nome deriva probabilmente da “Monemvasia”, porto greco da cui, nel Medioevo, partivano i vini dolci e aromatici apprezzati in tutta Europa. In Sardegna, la Malvasia ha trovato nel tempo una seconda patria: da Bosa a Cagliari, passando per Cabras e Settimo San Pietro, il vitigno ha saputo adattarsi ai terreni e ai microclimi dell’isola, dando vita a espressioni diverse ma accomunate da eleganza e profumo.
A Settimo, in particolare, la Malvasia rappresenta un pezzo importante della cultura agricola locale. I vecchi vigneti, oggi ridotti a poche parcelle, custodiscono un sapere che rischia di perdersi se non verrà raccolto dalle nuove generazioni. Da qui l’impegno dell’amministrazione comunale e delle associazioni del territorio, che con unanime decisione hanno aderito all’associazione nazionale “Città del Vino”, puntando a rilanciare gli impianti di Su Pardu con nuove coltivazioni.
L’obiettivo è ambizioso: riportare la Malvasia a essere non solo un simbolo del passato, ma anche un motore di sviluppo futuro. Un vino capace di raccontare, ancora una volta, la storia di un paese e di una comunità che continua a credere nel valore delle proprie radici.